Ce n’era bisogno?
Di Mauro Medaglia e Gabriele Giovannazzi
Casa editrice: Linee Infinite
ISBN: 978-88-6247-151-0
Pagine: 228
Prezzo: € 12,00
Il libro: “Ce n’era bisogno?”
“Cosa hai fatto dai venti ai quarant’anni?” “Un cazzo!”, Fabio, un quarantenne come molti.
Dopo il liceo il tempo è volato, e con lui anche il sogno di diventare un cantante. Ha una moglie bellissima, Laura.
Un nuovo lavoro, soldi, e canzoni lasciate in un cassetto.
Il suo amico Mino è partito ma l’amicizia rimane intatta tramite un rapporto epistolare con confessioni e telefonate notturne.
I ricordi della scuola sono dietro l’angolo insieme ad Angelica, ex compagna di liceo, che torna col suo segreto nella vita di Fabio. Un’amicizia inspiegabile e pericolosa.
Gli imprevisti diventano vantaggi e le vite si ingarbugliano.
Ce n’era bisogno di mettere a repentaglio la propria stabilità per essere felici? Ce n’era bisogno di rischiare per sentirsi vivi?
Serve il coraggio, per abbandonare un sogno e mettere in discussione un matrimonio e il rapporto con Mino.
Questa storia è la canzone che inizia in fondo al pullman nelle gite scolastiche, è la foto di classe a fine anno, prima della notte prima degli esami. È la promessa di non perdersi dopo il diploma. È la leggerezza, un passo indietro a quella maturità piena di nostalgia, che ti stringe il petto appena varcato il portone del liceo per l’ultima volta.
Gli autori: Mauro Medaglia (14 gennaio 1980) è anche autore televisivo. Per Linee Infinite ha pubblicato “Voglio vedere l’effetto che fa” (2015) e il mini book “Poker” (2016). Gabriele Giovannacci (2 luglio 1982) vive e lavora a Milano facendo anche il disegnatore di fumetti. Con Linee infinite ha pubblicato il romanzo “Voglio vedere l’effetto che fa” (2015).
“Intervista agli autori”: Eccoci al vostro secondo libro: come è nato questo progetto ? Quanto deriva dal primo?
Mauro: L’idea di scrivere un’altra storia è arrivata durante la scrittura delle ultime righe del primo romanzo. Dopo l’urgenza di descrivere la provincia e certi ricordi anni 90, avevo la voglia di raccontare una parte di vita per me fondamentale: la fine della scuola, la vita dopo il diploma, i sogni non realizzati e il tempo buttato di chi si sveglia a quarantanni, troppo tardi.
Gabriele: Questo lavoro è nato per un naturale desiderio che proviene dal primo progetto “Voglio vedere l’effetto che fa” che non ci aveva ancora spremuto fino in fondo lasciandoci senza parole, ma che ci ha spinto sull’onda dell’entusiasmo, per raccontare ancora qualcosa che in parte conosciamo. Non è un seguito, non ha nulla a che vedere col primo romanzo, ma tratta di una generazione che toccheremo con mano fra non molto e che conosciamo da anni grazie alle persone con cui abbiamo a che fare, persone che in qualche modo tirano le somme dei primi “anta” e che vorrebbero ma non fanno nulla per cambiare in meglio (dove non ci sarebbe nemmeno il bisogno di strafare…). Siamo circondati dalle parole del nostro nuovo lavoro e, anche se non da protagonisti, ne facciamo parte. Per ora.
Questa è la storia di un quarantenne che rimette tutto in discussione per ritrovare la sua giovinezza e non tradire se stesso.
Vale la pena di rischiare tutto in questo modo?
Mauro: Non è mai troppo tardi, anche se è più difficle. Il tempo del liceo è un periodo magico. I primi amori, il desiderio di un futuro da favola, gli amici che promettono di non perdersi mai. Nelle scuole superiori c’è quella meravigliosa consapevolezza di vivere un momento che ti resterà per sempre nei ricordi e nel cuore. Ci si crea decine di progetti che poi una volta fuori da quell’istituto si distruggono. Vale la pena di rischiare se si è dei coraggiosi, ma per molti è molto più sempice vivere col freno a mano tirato, fingendo di essere felici vivendo una vita banale. Fabio, il protagonista del libro, riesce a mollare quel freno grazie a una persona molto speciale…
Gabriele: Io credo che, visti da fuori, i soggetti e le storie siano molto semplici da gestire, è come guardare un film horror e, nel momento in cui la ragazza indifesa di turno entra dove non dovrebbe entrare, noi siamo pronti a gridare: “Lo sapevo”. Credo che ognuno di noi abbia dei desideri nascosti che vorrebbe si avverassero ma senza sconvolgere la propria vita, che ci si è accuratamente costruiti con anni di fatica e dedizione. Ma quel desiderio, quel maledetto desiderio è sempre lì a bussare. Trovare la forza di saltare è da pazzi ma è anche da applausi. Non trovo importante l’età perché a vent’anni, quaranta o settanta, il salto che si fa, va sempre oltre ogni limite possibile, è sconvolgere le proprie vite, è coraggioso e commovente. 10 + a chi stacca i piedi da terra contemporaneamente!
Quanto c’è di voi in questo testo? Quanto della vostra generazione?
Mauro: Di me c’è la passione che Fabio (il protagoista) ha per la musica, per le canzoni. C’è un mondo pop fatto di piccole semplici cose. In questo libro non parliamo della nostra generazione ma di quella precedente, i quarantenni di oggi. In comune con la nostra generazione c’è che abbiamo tante teorie e poche conoscenze. In comune c’è l’irrequiezza e anche la fragilità, ma quello è un sentimento che va conservato. Uno scrittore che non offre speranze, secondo me, non ha il diritto di fare lo scrittore. Di noi, qui dentro c’è la voglia di vivere, di sperare che non sia tutto qui. E poi c’è molto ottimismo, e la sensazione finale che il tempo che passa veloce non sembra far male.
Gabriele: Fabio, il protagonista di questo lavoro, non era mio amico. Fabio mi è stato presentato da Mauro perché rientrava nei suoi desideri di volerlo raccontare, di viverlo rivivendo, cose a lui molto vicine, e di renderlo vivo. È la generazione che ci precede e la vediamo così vicina che ho dubbi sulla mia età ogni volta che me la chiedono. Fabio l’ho odiato. Ho odiato la sua vita, la sua famiglia e i suoi amici proprio perché non li conoscevo. Poi sedendomi vicino a Mauro mi sono lasciato andare e l’ho conosciuto meglio e, pur non avendo il background che Marco del primo libro aveva (cioè molto simile al mio), ho incominciato a volergli bene e ad amare tutto ciò che lo circonda. Insieme a Mauro abbiamo creato il sentiero giusto per Fabio, scavando nel suo intimo e rendendolo reale ai nostri occhi. Ora siamo ancora in terapia e prendiamo un sacco di pillole.
Quanto i vostri rispettivi lavori creativi influenzano la vostra attività letteraria?
Mauro: Ho scritto il primo romanzo di nascosto da tutti. Dagli amici e dal mio ex lavoro impiegatizio. Provengo da genitori che mi hanno incultato queste frasi: «Prima si fa quello che si deve, poi quello che si può, poi quello che si vuole!»… e scrivere un libro mi sembrava di rubare il tempo, mi sentivo clandestino. Ora faccio un lavoro creativo, lavoro in una redazione tv e scrivere un romanzo è la cosa più normale di tutte. Ma sia un lavoro o l’altro hanno influenzato in egual modo la scrittura. Scrivere è un lavoro di fantasia, è un volo gratuito.
Gabriele: Io lavoro in un ristorante. Prossima domanda? … Dicevo, lavoro in un ristorante ma ho sempre disegnato fumetti, vignette e caricature e non c’è nulla a livello narrativo che possa collegarmi al romanzo in questione. Ok, c’è di mezzo la copertina che ho disegnato ma bisogna andare oltre. La cosa più grande che influisce, che ha influito e che influirà in futuro, è la voglia di raccontare e di comunicare qualcosa che si ha nel sangue. Assecondare il bisogno che la creatività mi detta, nutrire quel mostro che ha sempre fame di idee nuove.
Un libro scritto di nuovo a quattro mani.
Il sodalizio letterario si è quindi consolidato?
Mauro: E’ stato meno semplice. Gabriele ha fatto un duro lavoro nel calarsi in un mondo che non è il suo. Ma questa è una storia ricca. Dentro c’è la storia di un’amicizia tra uomo e donna, c’è una storia di violenza sulle donne e i vari problemi legati a queste circonstanze. C’è la storia di un rapporto tra due amici che si sono lasciati troppo presto, e la voglia di avere un figlio. Abbiamo raccontato una storia che può toccare varie sensibilità.
Gabriele: Mauro è la parte che serve a me per andare avanti nelle cose che penso, che vorrei fare ma che poi dico ok, ora lo faccio, ma guarda che strana forma quella nuvola e quanto ci mette la metropolitana ad arrivare e com’è comodo questo divano… e ok, io vadoadormirebuonanotteamore. È la costanza, la voglia, l’insistenza, la passione e mi ha fatto scoprire che posso arrivare in fondo a qualcosa anche senza le armi puntate alla testa. Non smetterò mai di ringraziarlo. Due volte bastano.
Scusate la battuta ironica, ma ve la siete cercata: ce n’era bisogno di scrivere un secondo libro?
Mauro: E’ quello che ci siamo detti appena abbiamo «partorito» il titolo! Abbiamo riso chiedendoci effettivamente se «ce n’era bisongo o no». Tra l’altro questa frase l’abbiamo inserita anche nella canzone che abbiamo creato per il booktrailer. La storia era in canna, andava solo aggiustata per scriverla in due. Sarebbe stato un vero peccato lasciarla nel cassetto. Saranno poi i lettori a dare la risposta finale, ce n’era bisogno?
Gabriele: Questa ve l’abbiamo servita su un piatto d’argento. È proprio per il nostro bisogno di raccontare, per l’entusiasmo che la scia del primo libro ha lasciato e per la necessità di spremerci fino all’ultimo vocabolo conosciuto, che abbiamo visto l’effetto che fa e ci abbiamo preso gusto. Quindi secondo noi sì, ce n’era bisogno. Secondo i nostri amici magari un po’meno.
Come si suol dire: non c’è il due senza il tre?
Mauro: E’ troppo presto. A differenza del primo libro, io ora un’altra storia in mente non ce l’ho. Con questo secondo romanzo ho svuotato il sacco. In due volumi ho raccontato tutto quello che volevo dire. Sono due sogni, due viaggi, due pezzi di vita importanti. Fotografie che ho scattato e che ho messo in bella mostra, come dei poster. Storie che hanno il sapore autobiografico, ma è così solo in parte. Mi piace raccontare la vita semplice, i voli introspettivi. Ma poi penso che è anche giusto avere sempre delle sfide da giocare e farsi venire nuove idee, e quindi forse, sarà la vera grande sfida… quella di trovare altre storie.
Gabriele: Credo che per i prossimi progetti dedicherò la mia concentrazione e la necessità di raccontare in qualcosa che forse mi riesce meglio, cioè nei fumetti. Dico così perché per noi è stata un’avventura bellissima, due avventure bellissime (e siamo solo all’inizio della seconda) ma non ci sentiamo scrittori, siamo due ragazzi che hanno avuto la straordinaria fortuna di avere la possibilità di mostrare a tutti parte dei nostri pensieri, con le parole messe nel posto giusto. Con questo non vorrei mai escludere il mio “socio” per altri progetti del genere, però penso che ci godremo i frutti di questo lavoro e poi Mauro non mi chiamerà più. Finalmente. Sto scherzando. Mi chiamerà ancora.
Intervista a cura dell’ufficio stampa di Linee Infinite Edizioni.
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