Tre giorni a Berlino
– Christine De Mazieres –
Formato: Copertina flessibile
Giudizio Sintetico
Chi erano, cosa facevano, cosa pensavano e cosa speravano le persone «normali» che, il 9 novembre del 1989, si trovarono a vivere a Berlino una delle notti più importanti e sconvolgenti del secolo scorso, quella della caduta del Muro? Christine de Mazières, nel suo sorprendente romanzo d’esordio, immagina volti, vite e destini che si intrecciano, si legano e si mescolano fra loro, piccole storie che galleggiano e si perdono nella Grande Storia, personaggi che in quei giorni convulsi la Storia la subiscono, l’affrontano e la fanno al tempo stesso, diventando ognuno un frammento di un insieme più grande, proprio come le pietre del muro che crollava. Fra loro, Anna, francese innamorata della Germania, che sogna di ritrovare Micha, conosciuto anni prima a Berlino Est. Lo stesso Micha, figlio ribelle di un gerarca comunista, che in passato aveva tentato invano di fuggire all’Ovest. E poi il misterioso Niklas e gli altri uomini e donne, ragazze e ragazzi, ognuno con i propri amori e i propri conflitti, che in quell’incredibile notte di trent’anni fa riempirono fianco a fianco le strade berlinesi per avanzare, tutti insieme, verso i posti di frontiera, dando vita a una folla sognante e determinata che nessuno avrebbe più potuto fermare.
Ogni anno, in questo periodo, mi concedo sempre la lettura di qualche pagina inerente la caduta del Muro di Berlino, non necessariamente che celebri l’evento quanto, piuttosto, che sia in grado di farmi riflettere su ciò che è stato e che sia in grado ogni volta di aggiungere un tassello in più nella mia conoscenza di un evento storico che ha cambiato il mondo.
“Tre giorni a Berlino”, libro d’esordio di Christine de Mazières, è uno degli scritti più belli che abbia letto attorno all’argomento della caduta del Muro, un romanzo in grado di far riflettere il lettore senza mai annoiarlo, scritto con uno stile così pulito che leggendolo pare quasi di assistere alle scene guardandole dall’obiettivo di una cinepresa o di una macchina fotografica, rigorosamente a pellicola.
Non un saggio, un romanzo che narra i fatti epocali del 9 novembre 1989 visti dagli occhi di persone normali, sguardi a cui l’autrice affianca diversi accenti di carattere culturale che contribuiscono a rendere queste pagine ancora più belle e con un tocco di assoluta raffinatezza.
E’ una narrazione articolata in capitoli brevi che offre un’istantanea della Berlino attonita dopo l’annuncio di Günter Schabowski – funzionario della Sed, il Partito Socialista Dell’allora Ddr– che dichiarava in una conferenza stampa (incalzato dal corrispondente italiano dell’Ansa) la possibilità di attraversare il Muro “immediatamente”, un errore che favorì la rapidità della caduta di un simbolo che a breve avrebbe riportato alla riunificazione della capitale tedesca e delle due Germanie. Ed è un racconto che riporta agli occhi le immagini di quei momenti, arricchendo gli aspetti di cronaca (che divennero immediatamente Storia) con i sentimenti e le emozioni dei protagonisti del libro. Perchè la Storia è fatta di avvenimenti e di persone e Christine de Mazières tratteggia con grande abilità i belrinesi e le loro storie, la Ddr con tutto il suo apparato e le sue paranoie, la Stasi, la lotta della Repubblica Democratica contro l’imperialismo capitalista e tutti quegli elementi che marcavano la distinzione tra Est e Ovest, un concetto che andava ben oltre l’estensione del Muro.
E’ un libro che va nel profondo e lo fa con molta grazia, senza mai “calcare la mano”, fornendo uno sguardo sui fatti del 9 novembre 1989, sui giorni immediatamente precedenti e su ciò che sancì il cambiamento di un’epoca.
C’è di più. “Tre giorni a Berlino” è anche un libro molto attuale, nonostante la sua narrazione si svolga attorno a fatti accaduti 32 anni fa, perché sono attuali – tremendamente attuali – le riflessioni che fa nascere in chi lo legge. Il Muro di Berlino, divise una città, separò le persone, divise le famiglie e diventò una barriera quasi impenetrabile, voluta non per “proteggere” i confini da qualcuno o da qualcosa ma, per evitare le fughe, il passaggio dei cittadini dell’Est nella parte Ovest della città. Una barriera costruita per non far uscire nessuno anziché per non farlo entrare.
Il mondo intero, per 28 anni, ha sognato l’abbattimento del Muro, simbolo di divisione e di sofferenza che, come tutti i simboli, ha saputo anche amplificare i sentimenti dei berlinesi e non solo. E’ impossibile non immaginare la scena che possa essersi palesata agli occhi di David Bowie che da una finestra degli Hansa Studios al 38 di Köthener Straße, vide due ragazzi baciarsi vicino al Muro, un’immagine che ispirò la scrittura di “Heroes”, divenuto un canto di ribellione e di amore che ebbe la forza di riecheggiare anche a Est.
Quando cadde il Muro di Berlino, l’Europa fu attraversata da un sentimento di unità, sembrava aprirsi un’ampia strada di internazionalismo e di abbattimento delle frontiere, invece, 32 anni dopo, le cronache ci parlano del ritorno di una mentalità della fortezza, della reazione delle persone e delle Nazioni ai fenomeni migratori, al terrorismo internazionale e alla globalizzazione, che si concretizza in nuove barriere. Le divisioni fisiche marcano i confini culturali, una contrapposizione che sembra resistere e diventare sempre più vigorosa di fronte alla perdita di potenza della capacità di confronto e di dialogo.
C’è stato un momento, a metà strada tra i fatti berlinesi del 1989 e i giorni nostri, in cui il mondo è stato attraversato dai timori della globalizzazione mentre oggi scopriamo che è più diviso che mai, che oggi esistono migliaia di chilometri di muri e barriere, molti di più di quelli che esistevano 30 anni fa.
Percepiamo una minaccia e alziamo un muro. Pensiamoci. Perché come diceva Italo Calvino: “Se alzi un muro, pensa a cosa lasci fuori”.
Christine de Mazières, franco-tedesca, è nata nel 1965 e vive nella regione di Parigi. È magistrata e, dal 2006 al 2016, è stata delegata generale del Syndicat national de l’édition. Ha partecipato alla creazione dell’Istituto Berlino-Brandeburgo per le relazioni franco-tedesche ed è membro della giuria del premio letterario franco-tedesco Franz Hessel. Ha pubblicato Requiem pour la RDA, nel 1995, e L’Europe par l’école, nel 2006. Tre giorni a Berlino, comparso in Francia nel 2019, è il suo primo romanzo, a cui è seguito subito dopo La Route des Balkans (2020).