Ammazzalavoro
– Marco Turco –
Il lavoro dovrebbe essere una grande gioia ed è ancora per molti tormento, tormento di non averlo, tormento di fare un lavoro che non serva, non giovi a un nobile scopo.
(Adriano Olivetti)
Formato: Copertina flessibile
Genere: Romanzo
Pagine: 153
Editore: Self
Giudizio Sintetico
Virginia non ha niente, non ha nemmeno un futuro: senza lavoro prova in tutti i modi a diventare un ingranaggio funzionante nel meccanismo della società. Forse può semplicemente mettersi a eliminare persone, anche fare il serial killer è un signor lavoro, forse non il più gratificante, forse non implica necessariamente un rapporto a lungo termine, ma almeno è un lavoro e qualcuno dovrà pur farlo. O no?
Si sa che il lavoro nel 2020 rappresenta uno di quegli argomenti spinosi che quando apri, poi non vedi l’ora di chiudere: c’è l’amico precario, quello che ha appena aperto la Partita Iva, quello che lavora sette giorni su sette per una miseria e quello che probabilmente camperà alle spalle dei genitori a vita.
La mia è forse la prima generazione che ha dovuto fare i conti con il lavoro che uccide e da qui parte l’idea di Ammazzalavoro.
In una doppia narrazione che alterna Candidato e Recruiter assistiamo a un continuo scambio di informazioni e opinioni delle due facce di una stessa medaglia: chi vuole il lavoro e chi ha potere di dare o togliere questa necessità.
La particolarità?
Il Candidato è sempre la stessa persona, Virginia, una serial killer laureata, stanca della difficoltà di guadagnare un posto di lavoro sudato con anni di studio, che uscirà da ogni colloquio con una vittima in più in una collezione di datori di lavoro o responsabili di risorse umane che meritano di essere eliminati ma che forse, nel suo folle piano, hanno tutta un’altra destinazione.
Ammazzalavoro è indubbiamente un libro diverso, unico e particolare.
Innanzitutto non è un romanzo ma una serie di racconti che, uniti, danno senso e completezza alla trama.
Gli ingranaggi rotti di un mondo lavorativo infamante attivano il folle piano di Ammazzalavoro che ci presenta, uno a uno, tutte quelle categorie che infangano la sacralità dell’universo occupazionale: il raccomandato, l’egocentrico, il sicuro, lo sfruttatore, il figlio di papà e molti altri.
Marco Turco ha avuto un’idea geniale e nobile, unire al romanzo una sorta di denuncia sociale del mondo del lavoro dove ormai la meritocrazia è fuori moda e dove nessuno si impegna per cambiare.
In realtà poi il finale ha spiazzato anche me, mettendo in discussione tutto ma questo lo lascio decidere poi a chi decidere e interpretare a chi si avvicinerà al romanzo.
Non sempre tutti i racconti sono fluidi ma hanno nell’insieme i giusti dettagli per rendere completa la trama anche se la struttura di un giallo o thriller classico avrebbero forse reso più coinvolgente la lettura così come la caratterizzazione dei personaggi che, invece sono sempre molto impersonali.
Funziona molto bene come lettura per chi vuole approcciare l’argomento con leggerezza e indubbiamente in modo molto originale unendo allo scorrere delle pagine l’attualità dell’argomento e l’importanza di riflettere su di esso e sulle conseguenze dell’omertà che non fa affrontare il problema a chi dovrebbe farne il primo punto della propria agenda.
Marco Turco: nato ad Aversa, in Campania, vive attualmente a Dublino, in Irlanda, dove lavora e scrive dopo aver girovagato fin troppo per l’Europa.
Risulta anche laureato in Giurisprudenza (ma non lo fa pesare).