I bambini di Svevia
– Romina Casagrande –
“Perché le interessa tanto? Voi giovani siete curiosi del passato. Avete nostalgia di tutto. Di quand’eravate bambini, delle fiabe che mi raccontavano prima di dormire, delle canzoni che ascoltavate. E dei film alla tv.
Io, alla vostra età, pensavo soltanto al domani. Tutt’al più a sopravvivere alla giornata.”
Formato: Copertina rigida
Giudizio Sintetico
Protetta dalle mura di una casa nascosta dal rampicante, Edna aspetta un segno. Da sempre sogna il giorno in cui potrà mantenere la parola data. L’unico a farle compagnia è Emil, un pappagallo dalle grandi ali blu. Non le è mai servito altro. Fino a quando una notizia la costringe a uscire dall’ombra e a mettersi in viaggio. È arrivato il momento di tener fede a una promessa a lungo disattesa. Una promessa che lega il suo destino a quello dell’amico Jacob, che non vede da quando erano bambini. Da quando, come migliaia di coetanei, furono costretti ad affrontare un terribile viaggio a piedi attraverso le montagne per raggiungere le fattorie dell’Alta Svevia ed essere venduti nei mercati del bestiame. Scappati dalla povertà, credevano di trovare prati verdi e tavole imbandite, e invece non ebbero che duro lavoro e un tozzo di pane. Li chiamavano «bambini di Svevia». In quel presente così infausto, Edna scoprì una luce: Jacob. La loro amicizia è viva nel suo cuore, così come i fantasmi di cui non ha mai parlato. Ma ora che ha ritrovato Jacob, è tempo di saldare il suo debito e di raccontare all’amico d’infanzia l’unica verità in grado di salvarli. Per riuscirci, Edna deve tornare dove tutto ha avuto inizio per capire se è possibile perdonarsi e ricominciare. Lungo antiche strade romane e sentieri dei pellegrini, ogni passo condurrà Edna a riscoprire la sorpresa della vita, ma al contempo la avvicinerà a un passato minaccioso. Perché anche la fiaba più bella nasconde una cupa, insidiosa verità.
I bambini di Svevia è un romanzo indimenticabile. Per la capacità di leggere l’animo umano con profondità ed empatia. Per il coraggio di far luce su un capitolo poco conosciuto della storia italiana, quello dei bambini che, per tre secoli e fino alla seconda guerra mondiale, venivano venduti dalle famiglie per lavorare nelle fattorie dell’Alta Svevia. Per la protagonista, Edna, un personaggio vivido e coinvolgente. Una storia che è un tuffo in un mondo in cui la natura dice più delle parole e in un passato dimenticato che chiedeva di essere raccontato.
Edna ha circa novant’anni, vive con un pappagallo, Emil e presto dovrà trasferirsi alla casa di riposo perché nessuno può prendersi cura di lei, di Emil e della sua storia, un passato che non l’ha mai abbandonata nella speranza di mantenere una promessa fatta a Jacob ottant’anni prima, quando entrambi erano bambini in una fattoria lontana.
La foto di Jacob in un articolo dedicato alle alluvioni di Ravensburg porterà Edna ad infilare stivali e scialle, spolverare il bastone e preparare il trasportino di Emil determinata a mantenere la promessa fatta, iniziando un lungo viaggio a piedi verso il suo amico e salvatore.
Un viaggio che sarà fulcro di queste pagine, tra passato e presente, tra rimorsi e incontri.
Un apicultore, una coppia naturista, un motociclista, un ragazzo con le scarpe dorate e un ragazzo sofferente ma dolcissimo saranno alcuni dei personaggi che Edna incontrerà sul suo cammino, capaci di alleggerire la fatica e rendere questa esperienza ancora più profonda.
Un viaggio che parla del bello della vita, di amore, speranza e determinazione ma che si trova ad affrontare anche la realtà cruda dell’esistenza, presente e passata, tra violenti, ladri e approfittatori.
Anni Trenta o presente, la vita di Edna ha collezionato sentimenti di diversa natura e, in due viaggi diversi ma uniti dal profondo sentimento dell’amicizia, ascoltiamo parole che sanno scatenare un numero infinito di brividi.
Ma non solo brividi di emozione positiva, ci sono anche i brividi di paura, di tristezza, ma anche di fierezza e commozione.
Una storia dimenticata del nostro passato, durata quasi tre secoli, che torna a galla attraverso questo viaggio meraviglioso, duro, per nulla indorato ma vero e struggente soprattutto commovente , dove una donna determinata scopre il polveroso strato che per troppo tempo ha coperto I bambini di Svevia, venduti come bestie a fattori senza scrupoli.
Un esordio davvero meritevole di plauso, sicuramente un libro non facile ma totalmente veritiero, perché la vita non è sempre un viaggio facile ma anzi, spesso all’arrivo non troviamo ciò in cui avremmo sperato.
“Migliaia di bambini (4000 all’anno nei periodi più duri, ma troppi di contrabbando per sapere con esattezza quanti) dai cinque ai 15 anni, per tre secoli, hanno attraversato le montagne. Soli, con uno zaino sulle spalle, dall’Italia, dal Ticino, dal sud dell’Austria, lasciando paesi poverissimi e famiglie che avevano venduti, per lavorare nelle righe fattorie dell’alta Svevia. A volte venivano accompagnati dal prete del paese perché le associazioni cattoliche li proteggevano, per quello che potevano, arginando i pericoli. Ma poi sono arrivati i fascisti, l’italianizzazione forzata, l’obbligo delle scuole e le cose sono cambiate. L’associazione è stata sciolta. Ma le tradizioni non muoiono. Sopravvivono insieme alle condizioni che le hanno create: la povertà, la disperazione. E così padre Gianni è arrivato in paese per aiutare i contadini più miseri. In segreto, aveva raccolto i bambini e molti era sembrato una buona soluzione, perché ancora conoscevano le vie. Ricordare le parole di quanti erano tornati. Anche se non tutti avevano voglia di ricordare e la pancia rotonda delle bambine rientrate era stata nascosta sotto i star nere invernali e documenti bruciati insieme a tutte le candeline mai accesi. Ma dare la vita era meglio che restare e morire.”
Romina Casagrande vive e insegna a Merano, in provincia di Bolzano. Laureata in lettere classiche e appassionata di storia, ha collaborato con alcuni musei, realizzando percorsi didattici interdisciplinari. Ama la natura, la montagna e condivide la sua casa con tre pappagalli, due cani e un marito.
Grazie ragazzi, per il lavoro che svolgete, per i viaggi nel tempo e spazio che ci permette di eseguire, e per le emozioni che ci fate vivere