Salvare le ossa
– Jesmyn Ward –
«Siamo rimasti nel solaio scoperchiato finchè il vento non si è calmato un po’ e quella che sembrava una flotta di caccia a reazione non si è esaurita in una serie di folate rauche. Siamo rimasti nel solaio scoperchiato finché il cielo non si è schiarito passando da un arancione malato a un grigio pallido e terso. Siamo rimasti nel solaio scoperchiato finchè la brodaglia ribollente sotto di noi, che per ore non aveva cessato di montare, non ha cominciato a ritirarsi verso i boschi, un centimetro alla volta. Siamo rimasti nel solaio scoperchiato finché la pioggia non si è ridotta a un gocciolio. Siamo rimasti nel solaio scoperchiato finché non ci è venuto freddo, e il vento non ci ha congelato. Allora ci siamo stretti l’uno all’altro, cercando di trarre un po’ di calore da quell’abbraccio, ma non ci siamo riusciti. Eravamo anche noi un mucchio di rami bagnati e gelidi, macerie umane in mezzo a ciò che restava di tutto quanto.»
Formato: Copertina flessibile
Giudizio Sintetico
Tra i cinque uragani più devastanti della storia americana c’è sicuramente Katrina che, nell’agosto del 2005,portò distruzione e morte, colpendo diversi stati mondiali ma soprattutto americani.
Proprio in quell’estate, e in un piccolo avvallamento tra rottami e boschi nel Mississippi, è ambientato “Salvare le ossa”, romanzo capace di vincere il Nazional Book Award nel 2011 e consacrare Jesmyn Ward come una delle più moderne e graffianti voci della letteratura americana e unica donna a vincere l’ambito premio per ben due volte (infatti, dopo il 2011 vincerà il National Book anche nel 2017).
Il papà di Esch è un uomo che fiuta il pericolo nell’aria, sente che è in arrivo un forte uragano e lavora, ogni giorno, per preparare casa e figli all’arrivo di questo cataclisma.
Esch e i suoi fratelli, orfani di madre e abituati a vivere circondati dalla precarietà della vita nel Mississippi “nero”, non sanno cosa voglia dire prepararsi all’arrivo di un uragano e continuano l’innocente vita dello scorrere quotidiano degli avvenimenti alla “Fossa”.
Randall, il fratello maggiore, si sta preparando alla partita che deciderà l’ottenimento o meno della borsa di studio, Skeetah assiste il suo pitbull da combattimento dopo il parto e il fratellino Junion è sempre occupato a seguire i fratelli nelle proprie avventure.
Ed Esch? La ragazzina è incinta, vive in un contesto di uomini, sogna leggendo gli Argonauti ed è innamorata di un ragazzo che sembra dare importanza unicamente ai propri istinti.
Tra le vicende quotidiane si inserisce l’arrivo dell’uragano, i dodici giorni di un’attesa quasi inconsapevole, un segreto, la gravidanza di Esch, da mantenere e l’innocenza di una famiglia e della comunità ignara in cui è inserita.
“Salviamo le ossa” è un romanzo che alterna memoria e presente, attesa e abitudine, infanzia e maturità, dove il lettore è presente e vive aspettando un qualcosa che dovrà giungere e modificare per sempre la vita a Bois Sauvage: l’uragano Katrina.
Si avverte il rapporto unico e viscerale dei protagonisti con la Fossa, con la natura, gli animali, i boschi, ma anche con il passato, con tutti i membri della famiglia ormai scomparsi, che hanno permesso ai protagonisti di essere e vivere il presente.
Proprio la natura, amica da sempre di Esch e della sua famiglia, sarà ciò che sconvolgerà le vite dei protagonisti: l’uragano Katrina non darà scampo e cambierà per sempre i membri di questa famiglia.
Nell’attesa e nei primi momenti, dove si percepisce l’arrivo dell’uragano, il cielo diviene nero e il lettore vive una tensione palpabile che prosegue fino alla conclusione del libro.
Un segreto poi, la gravidanza di Esch, che germoglia come un fiore, inatteso e quasi combattuto, dona modo alla famiglia di rivelarsi per ciò che è: più forte dell’uragano e unitamente immenso come solo l’amore sa essere.
Se, per tutta la durata del romanzo, la famiglia di Esch sembra vivere in un egoismo personale, alla fine la realtà esce potente e sopravvive alla natura.
Un romanzo, primo volume della trilogia di Bois Sauvage, che presenta con grande bravura la scrittura e lo stile della Ward, capace di unire versi poetici di riflessione di Esch al linguaggio scurrile e tipicamente del luogo.
Uno stile dove vanno apprezzati i silenzi e le innocenti tranquillità, che a volte risultano eccessivi distogliendo l’attenzione, della vita di campagna e il ritmo che accelera nel finale e nell’evento che galleggia astratto per tutta la durata del romanzo.
Un finale drammatico ma carico di speranza, una storia che cattura e coinvolge con l’assenza di filtri ed eleganza fittizia, una trama a cui la letteratura moderna americana ci ha abituati (e che ricorda vagamente le descrizioni e i modi della trilogia di Grouse County) in un contesto di attesa e paura, di ostilità e grande peso emotivo.
“Questo bambino ce l’ha un padre Esch” Mi tende la mano grande e morbida, morbida come le piante dei piedi, forse, e mi aiuta ad alzarmi. “Questo bambino ha un sacco di padri”. Cerco di sorridere. Ho gli occhi umidi. Il sale in gola. “E non dimenticare che tu hai me, sempre.”
Jesmyn Ward:
Nata a DeLisle, Mississippi, nel 1977, è professoressa associata di scrittura creativa all’Università Tulane di New Orleans.
Dopo essere stata vittima di bullismo alla scuola pubblica, prosegue i propri studi prima all’Università di Stanford dove ottiene un Bachelor of Arts ed un Master of Arts, quindi all’Università del Michigan dove riceve un Master of Fine Arts.
Esordisce nella narrativa nel 2008 con il romanzo Where the Line Bleeds ed in seguito pubblica un saggio sulla discriminazione razziale, un memoir riguardante alcune tragedie familiari ed altri due romanzi ancora inediti in Italia.
Con le vittorie (nel 2011 con Salvage the Bones e nel 2017 con Sing, Unburied, Sing) di due National Book Award, detiene il primato di unica donna a vincere il premio due volte.
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