Nanga Parbat –
Gian Luca Gasca –
“Le montagne sono le grandi cattedrali della terra, con i loro portali di roccia, i mosaici di nubi, i cori dei torrenti, gli altari di neve, le volte di porpora scintillanti di stelle”.(John Ruskin)
Formato: Copertina flessibile
8126 metri, situata nel Kashmir, terra di confini e scontri storici ma culla di una vetta che sa essere meta di gioie e esperienze estreme ma anche prigione naturali di vite, visto l’alto tasso di mortalità di chi ha provato a raggiungerne la vetta.
Nona montagna più alta della terra e montagna leggendaria per tutti i tentativi di ascensione che hanno visto calpestata quella neve e infranto il silenzio che domina ogni metro calpestato.
Proprio dalle informazioni che tutti dovrebbero conoscere, prima di affrontare la lettura di questo libro. Gian Luca Gasca ci regala un’infarinatura preziosa di storia, geografia, politica e importanti informazioni sulle condizioni atmosferiche e meteo che caratterizzano questa vetta.
Il libro di Gasca, edito Alpine Studio, ci permette di unire il racconto di un sogno comune ad esperienze uniche e spesso tragiche.
Perchè non solo tentativi riusciti e boati di gioia accompagnano queste pagine ma anche spaventosi tentativi falliti nel peggiore dei modi.
Si passa dalla delusione e dal dispiacere di chi non è sopravvissuto al Nanga Barbat, all’esultanza nell’epilogo di chi è riuscito nell’impresa.
Vite di alpini, avventurieri, scalatori, uomini e donne raccontate in una danza di desideri con la faccia rivolta verso l’alto, dove la resistenza non è tutto, dove la determinazione e l’amore per il “mondo verticale” portano ad affrontare tutto ciò che non sembra possibile.
Apre i racconti Albert Mummery, colui che, in anticipo su tutti, provò a scalare la montagna assassina divenendo leggendario non per la riuscita dell’impresa ma per la strada che aprì con il suo tentativo.
Negli anni 30 fu la volta dei tedeschi che, come le altre nazioni europee, sentivano la necessità di primeggiare nella scalata di una montagna così importante; fu così che il Nanga Parbat divenne la “montagna dei tedeschi”.
Il primo a riuscire nell’impresa, la sua scalata solitaria, le vie aperte da chi ci tentò per un secolo, la drammatica ma avvincente storia di Reinhold Messner e di suo fratello, le donne che riuscirono in un’impresa così erroneamente legata al mondo degli uomini, le discese con gli sci, l’esperienza unica e mozzafiato Tomaz Humar e tante, tantissime altre esperienze che si vivono, grazie alla capacità narrativa dell’autore, come in prima persona.
Quello che più mi ha colpito di queste pagine è la passione con cui le ho lette, un genere che non credevo mi potesse appartenere così tanto conoscendo solo basi instabili.
Avventure e storie che sembrano uscite dai migliori romanzi di suspance che invece riflettono le vite fragili di persone che, attraverso sacrifici e difficoltà estreme, hanno sfidato e conquistato i punti più estremi della terra.
Una realtà, quella legata alla fragilità delle vite degli alpini, che mi ha colpita profondamente, soprattutto perchè molti sono scomparsi in altre spedizioni, magari lontani dal Nanga Parbat.
Ciò che colpisce è la necessità di sfidare la montagna per la sensazione e l’irripetibile gioia di toccarne la vetta.